Questa la introduzione alla ricerca a firma di Lorenzo Stanca, Managing Partner di Mindful Capital Partners
Investire non significa solamente “metterci dei soldi”. Se il fine ultimo delle nostre attività è la remunerazione degli azionisti, il lavoro da fare richiede necessariamente l’uti- lizzo di alcuni ingredienti, come l’inserimento di nuove competenze e la valorizzazione di quelle esistenti in azienda, la costruzione di percorsi di crescita e la realizzazione delle aspirazioni di ciascuno. Tutto questo deve essere in armonia con la necessità di operare delle scelte, anche difficili, che mettano in sicurezza non solo l’attività dell’azienda ma anche e soprattutto le persone che ci lavorano. Chi pensa che il private equity punti ad acquisire un’azienda per poi spingere su un piano industriale ambi- zioso e realizzare grandi ritorni di capitale, conosce solo una parte della storia e pecca di ingenuità e superficialità.
Il private equity è molto di più di questo e incide non solo nell’attività economica dell’impresa ma anche in quella del contesto territoriale in cui opera.
Come però spiegare cosa c’è dietro l’attività di un fondo? L’idea è stata pensare a una ricerca sulla valorizzazione del capitale umano.
Questo lavoro, frutto della collaborazione con l’Ufficio Studi di AIFI, mi permette di poter fare alcune riflessioni e mostrare con i numeri quello che il private equity può fare, non solo a favore delle aziende ma anche e soprattutto a supporto delle persone che quotidianamente ci lavorano e della società in cui opera.
Non si può pensare di ambire a una crescita dell’impresa senza tener conto che le persone impiegate hanno bisogni e aspirazioni, che debba esserci inclusione, pari oppor- tunità, nuove prospettive, crescita, sistemi di welfare, managerializzazione e formazione.
Questi fattori sono determinanti e lo sono soprattutto se uniti da un obiettivo comune di crescita. Come in una squadra di canottieri, non si può raggiungere la meta se tutti i componenti della squadra non remano insieme nella stessa direzione. Le prossime pagine di questo studio sono volte a mostrare proprio questo: come sia più costruttivo e vincente investire non solo con il denaro ma anche con le competenze e gli incentivi.
E tutto questo non riguarda solo l’azienda ma anche il mondo che ci circonda: siamo tutti parte attiva e abbiamo delle responsabilità verso l’impresa e nei confronti della società civile e finché il tema delle disuguaglianze, delle diverse opportunità, delle differenti offerte di crescita non verrà affrontato e risolto, non ci potrà essere alcun cambiamento. Uguaglianza però non significa identità ma parità nella diversità. Donne e uomini sono differenti e solo comprendendo questo si può arrivare all’efficienza. L’armonia delle diversità è il vero valore da coltivare in azienda perché solo in un contesto in cui vengono pienamente riconosciuti i propri talenti e valorizzate le differenti competenze, si può crescere.
Per fare questo occorre avere cura delle persone. Quello che leggerete nelle prossime pagine è il risultato delle risposte che molti fondi interpellati hanno dato a domande su welfare aziendale, benefit e percorsi di crescita.
Questa ricerca mi auguro che possa far crescere il grado di consapevolezza sulle azioni da intraprendere e sulle opportunità da cogliere per continuare a fare il nostro me- stiere in maniera più consapevole anche rispetto alle grandi responsabilità che abbiamo verso gli azionisti, le persone che lavorano con noi e per noi e la società nella quale ci impegniamo e che raccoglierà i frutti delle nostre attività quotidiane.
In Italia l’industria del private equity è ancora piccola rispetto a quella di Paesi come Francia e Spagna, sia in termini assoluti sia, ancora di più, rispetto al PIL.
I dati delle prossime pagine dimostrano come questo settore possa davvero fare bene al Paese: se riuscissimo a sviluppare il settore del private equity portandolo a dimen- sioni in linea con quelle dei Paesi a noi simili, allora l’impatto descritto in questo report potrebbe raggiungere dimensioni davvero molto importanti.
Come arrivare a questo obiettivo? Sia a Parigi sia a Madrid un ruolo chiave è stato svolto dal policy maker, attraverso l’intervento di fondi di fondi pubblici, che in maniera continuativa consentono ai fondi di poter contare su una raccolta istituzionale che agevola quella privata e consente di programmare nel lungo periodo le attività di inve- stimento, e tramite la definizione di un quadro normativo e regolamentare teso a favorire l’investimento nel private capital, che oggi è invece penalizzato od ostacolato (come, ad esempio, nel caso delle compagnie di assicurazione e dei fondi pensione).
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