Macina record su record Saudi Aramco. Il primo giorno di contrattazioni il titolo ha chiuso in rialzo del 10%, il massimo consentito. In due giorni il gruppo petrolifero ha guadagnato 300 miliardi di dollari che, aggiungendosi alla capitalizzazione iniziale, le hanno fatto superare il traguardo dei due trilioni di dollari. Questa cifra era nelle speranze del regno saudita dal 2016, ovvero da quando l'ipo è stata annunciata, e ha portato la casa reale saudita anche a rompere le relazioni con gli advisor internazionali che insistevano per un collocamento a prezzi più bassi. Intanto i sauditi sull'onda dell'entusiasmo per il successo del debutto sul listino locale avrebbero rispolverato il progetto di una seconda quotazione all'estero. Il Wall Street Journal parla di una piazza asiatica ma è presto per sbilanciarsi perché Aramco si è impegnata a non vendere altre azioni per 12 mesi se non quelle previste dall'esercizio della greenshoe. Probabilmente la società continuerà a ottenere buoni risultati in Borsa perché il governo saudita starebbe esercitando pressioni su fondi e istituzioni locali affinché continuino a sostenere il titolo. Già al momento del collocamento iniziale, oltre l’80% delle azioni è finito in mano a soggetti sauditi. La Kuwait Investment Authority (Kia) e i fondi di Abu Dhabi avrebbero investito cinque miliardi di dollari invece degli 1-1,5 miliardi pianificati. In aggiunta si sarebbero mobilitati l’ente statale per le pensioni, il fondo sovrano saudita Pif (che tra l'altro ha incassato i proventi dell'ipo) e la Sanabil Investments, società di asset management controllata al 100% dal Pif. Inoltre il governo starebbe spingendo anche le famiglie saudite più facoltose a proseguire con gli acquisti in Borsa.