Secondo i resoconti del Sole24ore, Kkr e Cdp non starebbero riuscendo a trovare un accordo per fare un’offerta sulla rete Tim, dietro alla spinta del governo che vuole realizzare una rete “nazionale” sotto il controllo pubblico. A quanto ricostruito dal quotidiano, da subito Kkr ha ribadito di essere pronta a un’operazione comune, ma senza problematiche di tipo antitrust che invece, secondo il fondo, sorgerebbero con l’intervento di Cdp, azionista al 9,8% di Tim e al 60% di Open Fiber (che nel wholesale è competitor di Tim e Fibercop, controllata anche da Kkr al 37,5%). Al momento sul tavolo di Tim c’è la sola offerta di Kkr che prevede una valutazione di 18 miliardi (più due di bonus in caso di unione con Open Fiber) prevedendo una valorizzazione di Fibercop sui 10 miliardi, oltre a Sparkle valutata 1,25 miliardi. All’interno delle istituzioni, inoltre, riferisce sempre il quotidiano, le opinioni non sarebbero ancora del tutto allineate. Per il Mef il controllo pubblico della rete, su cui si è spesso soffermato il ministro delle imprese Adolfo Urso, non è centrale, soprattutto se ci si riferisce al controllo azionario. Più praticabile è una soluzione in cui la presenza statale, di minoranza nel capitale, si traduca in un presidio con dei meccanismi di governance e con eventuali prescrizioni del golden power. L’impegno finanziario pubblico dovrebbe essere contenuto entro certi limiti e Cdp potrebbe non essere considerato il veicolo più adatto. Resta l’ipotesi di un ingresso diretto del Mef, in minoranza e insieme a Tim, in un’operazione guidata da Kkr.