Studi e approfondimenti
6 Giugno 2022

Tre domande a…Giovanni Landi

Il manager è Founder Anthilia SGR e Presidente Anthilia Holding

Il mercato del private capital è cambiato e cambierà nel prossimo triennio; quali sono le principali tendenze secondo il suo punto di vista?
A livello strutturale, penso che il progressivo avvicinamento tra economia reale e mercati finanziari proseguirà, probabilmente con intensità differente in relazione all’andamento del ciclo. I recenti interventi regolamentari per i fondi chiusi che hanno ridotto la soglia di investimento a 100k per i privati e una disciplina fiscale più liberista e stimolante nell’allocazione del risparmio a lungo termine su attività illiquide, saranno elementi stimolanti nel veicolare parte del risparmio privato verso attività di private capital. La logica del capitale paziente a lungo termine sta iniziando a penetrare nei comportamenti finanziari dell’investitore domestico, soprattutto se in cambio di benefici fiscali. Constato che sul mercato sono presenti aspettative ed interesse relativamente ai prodotti di investimento così connaturati e di nuova generazione. Molto, a questo punto, è nelle mani dell’offerta in termini di design e packaging di nuovi prodotti che sintetizzino capacità di investimento a lungo termine con benefici fiscali e soglie di accesso più ridotte.

Al di là di questo, l’opportunità di investire sui mercati privati è strategica per la numerosità e diversità di “occasioni” che presentano rispetto ai mercati liquidi, dove il ‘consenso’ indirizza i prezzi e omogenizza i comportamenti di investimento. E questo elemento distintivo sarà sempre più di interesse per gli investitori, sia istituzionali che privati, favorendone l’avvicinamento.
A livello politico-legislativo molto è stato fatto, dal 2011 ad oggi. Non è ancora sufficiente ma ritengo che ora tocchi ai regolatori secondari e agli operatori di mercato il lavoro più corposo. I primi a mio giudizio dovrebbero essere più “market friendly”: regolare, controllare e, se del caso, intervenire; ma anche favorire lo sviluppo del mercato finanziario a supporto delle imprese in un mondo in cui il ruolo dell’operatore banca sta radicalmente mutando. I player di mercato devono investire di più, molto di più in innovazione, ricerca e qualità dell’offerta per favorire la relazione tra investitori e imprese. Da ultimo, ma non per importanza, determinante è il ruolo degli investitori istituzionali e a lungo termine. Negli ultimi anni molti di questi attori sono intervenuti in modo consistente nel favorire crescita per le imprese italiane, ma altrettanti sono ancora assenti o rivolgono l’attenzione soprattutto ai mercati internazionali. E’ giusto diversificare, ci mancherebbe, ma ricordiamoci che l’industria domestica esporta per il 45/50% all’estero, investire su una azienda italiana di questo tipo forse vuol dire già essere presenti sui mercati internazionali…

Questi mesi possono essere una grande opportunità per l’economia italiana e per le tante imprese che la compongono; quali le sue previsioni o aspettative?
Penso che le caratteristiche distintive dell’imprenditore italiano siano la resilienza, la pervicacia e la capacità di adattamento al cambiamento. Le nostre imprese operano da sempre in un ambiente domestico ostile, condizionato da una burocrazia inefficiente, da una fiscalità oppressiva, da un sistema infrastrutturale inadeguato, da un sistema giudiziario incoerente e vetusto. Eccellono a livello internazionale proprio perché riescono a sopravvivere nel mercato domestico. Vedo anche tanta voglia di fare impresa nella fascia giovane, un tempo indirizzata più alla ricerca di impieghi stabili. Questo è molto positivo, è alla base del processo di innovazione e rinnovamento di qualsiasi economia. Dovremmo tutti contribuire a rendere fertili queste energie, correggendo e ristrutturando proprio quei segmenti che citavo prima: fisco, burocrazia, giustizia e infrastrutture (che non sono solo ‘logistiche’ ma anche ‘sociali’ ed ‘educative’). Spero che dai vincoli per le risorse del PNRR arrivino stimoli in tal senso, ma credo purtroppo che la “fame” elettorale dei prossimi mesi pregiudichi molto del lavoro impostato.

Quale il ruolo dei fondi da lei gestiti? Cosa servirebbe per poter fare di più per l’economia reale?
Con le diverse strategie dedicate al mondo delle Pmi domestiche in questi ultimi anni abbiamo raccolto quasi 1 miliardo di euro; abbiamo finanziato e investito in circa 80 realtà d’eccellenza italiane, principalmente esportatrici. Il database raccoglie oltre 600 aziende analizzate, che monitoriamo costantemente. Investiamo per lo sviluppo e la crescita.

A livello aziendale, sono molto soddisfatto. A livello macro, sono molto preoccupato. L’intensità della progressiva riduzione del credito alle imprese da parte del sistema bancario – per aggregazioni e per temi regolamentari di assorbimento – è di molto superiore alla capacità di penetrazione e crescita del capitale privato a lungo termine, che peraltro deve lavorare in modo complementare al mondo bancario e non alternativo. A mio avviso, esiste una preoccupante deriva di accesso alle fonti finanziarie per il sistema industriale delle Pmi. Il sistema-Paese dovrebbe reagire a questo rischio, facilitando lo sviluppo dimensionale dei mercati finanziari e del capitale privato a supporto delle imprese

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